Nel XVIII secolo, per non essere catturati e fatti schiavi, i Somba (o Tamberma) fuggirono dalle regioni costiere del Golfo di Guinea e si rifugiarono a nord, sulle alture dell’Atakora, al confine tra Togo e Benin. Fu un esodo disperato e questa mostra cerca di evidenziare i segni che un evento doloroso lascia sempre sulla cultura di un popolo e sull’ambiente in cui vive. Trecento anni sono passati, ma su questo altipiano, patrimonio dell’umanità Unesco, tutto sembra ancora improntato a una visione difensiva dell’esistenza. Non esistono villaggi per impedire al nemico di concentrare l’attacco su un unico punto. Disseminate sul territorio, le abitazioni, chiamate Tata, continuano a essere costruite come piccole fortezze a due piani. E le persone, che siano adulti o bambini, reagiscono d’istinto alla presenza d’un estraneo con atteggiamento guardingo. Vanno a disporsi sulle linee di passaggio nei campi, sui varchi nella vegetazione e davanti agli ingressi delle abitazioni. Lo fanno a tutela d’un territorio che produce manioca, ignam, miglio e granoturco. Ma soprattutto a protezione della Tata, centro di tutta la vita familiare, dei culti religiosi e delle attività economiche, riparo di armenti e si custodiscono i raccolti. Mostra in collaborazione con Atelier del Design di Enrico Pavarani.